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L'Essenziale

Aggiornamento: 19 nov 2020


Una lunga discussione in merito alla scelta o meno di recarsi in università - che è sorprendentemente aperta anche in tempi di “zona rossa” -, mi ha portata a interrogarmi sul valore che per me ha questa avventura intrapresa da un mese, o poco più e, più ampiamente, sui valori che rapidamente si stanno sovrapponendo, creando un mischione tale, da rendere sempre più irriconoscibili quelli essenziali.


Prima di tutto mi sono chiesta se veramente per me la base di tutto è la salute. Nella mia gerarchia di valori è al primo posto? Non parlo da incosciente, lungi da me ritenere superflui i numerosi – seppur poco efficaci – provvedimenti che da mesi il Governo si affanna a porre in atto. Parlo da ragazza reclusa nella sua camera in quarantena poiché stata a contatto con positivi ignari, mentre lavorava (il che rende la sottoscritta estremamente, e anche giustificatamente se permettete, irata), che per andare in bagno deve indossare una mascherina e che non può giocare con le sue nipoti se non a debita distanza, per almeno altri due giorni.


Chiaramente si tratta di un provvedimento necessario e fondamentale per tutelare me e gli altri, ma nel momento in cui dovessi avere l’agognato “via libera” smetterei di uscire - chiaramente nei limiti del consentito – per non rischiare più?


In questi giorni nella mia gerarchia di valori è schizzato al primo posto il tempo, che, ironicamente, non c’era mai stato per tutto il periodo delle superiori che ritenevo sarebbe stato infinito e nel quale mi ripetevo che c’era “tempo per smettere di perdere tempo”. Le giornate di isolamento dai miei conviventi non fanno altro che intensificare questo mio sentore: cerco di perdere il minor tempo possibile, dedicarmi allo studio e a leggere le notizie e quando alzo lo sguardo per prendere una pausa la giornata è finita.


Ora, onestamente mi chiedo come chiunque possa temere l’emergenza sanitaria maggiormente dell’emergenza della brevità della nostra vita. Mi chiedo se vivere reclusi in una casa limitando i rapporti umani sia veramente definibile come vita. Perché i media ci narrano di questa colossale “lotta contro il Covid-19”, “tutela della vita”, quando nessuno parla di come ci stiamo perdendo. Stiamo perdendo noi stessi, i rapporti umani, la possibilità di conoscere altri ragazzi.


L’università che, da descrizione di amici per lo meno, è sempre stata concepita come il luogo dell’incontro per antonomasia (tendere in un verso, “unus” e “vertor” dal latino), diventa solo una fabbrica di lezioni che seguono assonnati di fronte a una tazza di the, magari a casa perché “che senso ha andare se non conosco nessuno?”.


Non siamo macchine e, grazie a dio, non lo saremo mai, ma facciamo di tutto per somigliare a loro, per essere come loro. Stiamo cercando di ridurci a emulare una creazione di noi stessi. Andare a lezione, non avere rapporti umani, tutelarci al meglio per evitare l’autodistruzione, fare un buon esame e ricominciare.


La società non ha mai aiutato certamente, ma l’emergenza ci sta disumanizzando ancora di più. La famosa indicazione del “Sesso con la mascherina” mi ha sconvolta. Al di là dell’ironia del fatto in sé che presume che durante l’atto passionale per eccellenza invece che concentrarsi sul sentimento in sé ci si debba focalizzare sulla mascherina che potrebbe abbassarsi... ma il vero dramma è come il sesso sia visto come mero bisogno fisiologico e nulla di più. Tu, uomo macchina, non ti preoccupare: hai bisogno di scopare? Certo! Il tuo bisogno verrà colmato, ma sappi che non potrai ricevere baci, bisogna limitare il contagio! Però la scopata l’hai fatta e quindi stai bene. Il tuo bisogno fisiologico è soddisfatto, con la mascherina.


Ci stiamo forse trasformando nella distopia di Huxley?


È chiaro l’impegno preso dai “grandi” a sopravvivere, più che lecito e assolutamente fondamentale, ma chi, in questo periodo, ci insegna a vivere?

Chi ci insegnerà, in un momento così delicato, altri valori oltre quello della salute che sembra essere rimasto l’unico? Chi ci insegnerà a coltivare i nostri interessi quando sono tutti chini su loro stessi a evitare un contagio?


Esiste un modo per vivere adesso?



 

Immagine: Daniela Beretta, che ha fatto una foto a me e a Falco che giocavamo a lanciarci asciugamani col vento in Sardegna.

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