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L'uomo è un animale sociale?

di Sara Russo



L’uomo è un animale sociale”, così ci diceva Aristotele, questo per lui significava essere un uomo: vivere con altre persone, creare paesi, città, nazioni, ma non come le formiche, che lo fanno per istinto, ma per puro piacere di vivere insieme, di condividere l’esistenza con altri esseri umani. Eppure, sembra quasi che non sia più così. Siamo ancora gli stessi animali, bipedi, capaci di ridere e, soprattutto, razionali; sempre, inevitabilmente uomini. 

Perché allora sembriamo aver perso la nostra spontanea e naturale socialità? 

In questo periodo di crisi sanitaria, iniziato da ormai molti mesi, la parola d’ordine è diventata “distanza”, più precisamente “distanza di sicurezza” o, meglio ancora, “distanza sociale”; siamo diventati così bravi a mantenere le distanze che quando qualcuno ci porge la mano o si avvicina per abbracciarci, ci viene naturale fare un passo indietro, anche se si tratta dei nostri “congiunti”. È un meccanismo di autodifesa: dobbiamo tutelarci da quelli che sono i nostri simili e se prima eravamo disposti a prendere un raffreddore o qualche linea di linea di febbre pur di andare a trovare un amico malato, ora preferiamo non spingerci così in là, non rischiare così tanto. 

A tutti noi, in questi mesi, sarà capitato di pensare: “E se fossi asintomatico?”, o di dire: “Oggi non vado a trovare la nonna, non vorrei farla ammalare”, frasi diventate sempre più frequenti con l’aumentare della consapevolezza riguardo a questo nuovo, strano virus. Queste accortezze però, per quanto difficile da comprendere, ci rendono persone civili, molto più sociali di coloro che decidono di ignorarle. Essere sociali, infatti, non significa solo avere contatti con altre persone o fare amicizia facilmente, ma vuol dire avere a cuore la salute altrui, dei propri cari, dei propri amici e della propria comunità. Si preferisce stare a casa per non rischiare di contagiare gli altri, anziché vedersi di persona, si utilizzano altre modalità, sicuramente più fredde, ma anche più sicure. Nonostante la distanza non si rinuncia a sentire l’amico, a studiare insieme o a confrontarsi come si è sempre fatto. Per certi versi, questi metodi “moderni” si rivelano essere più inclusivi di quelli tradizionali. L’amico lontano, che da un po’ non si vedeva alle serate di gruppo, non si perde neanche un incontro su zoom, chi è senza la macchina ora può raggiungerci senza neanche uscire di casa.

Non abbiamo rinunciato alla nostra socialità, anzi, abbiamo fatto di tutto per sentirci più vicini, in questo periodo di distanza sociale, anziché vedersi solo il sabato sera, ora lo si fa tutti i giorni, in modo da passare insieme più tempo possibile, per farci forza, per superare questa difficoltà insieme. 

La verità è che senza contatti umani, che siano di persona o attraverso un computer, nessuno di noi potrebbe vivere. A tutti mancano gli abbracci, la vicinanza, il calore umano e lo sguardo spontaneo di un amico, ma stiamo imparando a trovare modi alternativi per stare vicini, stiamo cercando di adattarci a questa situazione, che di facile non ha neanche il nome. Stiamo lottando contro la distanza, diventata un obbligo morale, per mantenere la nostra umanità, per continuare a vivere dignitosamente. Anche se dobbiamo esprimere il nostro affetto e la nostra vicinanza dietro lo schermo di un computer, non rinunciamo a passare del tempo con gli amici, a studiare insieme e a conoscere persone nuove, con la promessa e la speranza di tornare alla normalità. 

A nessuno fa piacere fare conoscenza dietro uno schermo, sentirsi solo via messaggio e sorridersi attraverso un computer, ma si tratta di una situazione provvisoria, un disagio sociale che ci auguriamo finisca in fretta. Dobbiamo, dunque, accettare che le priorità sono cambiate e noi con loro per accettare delle regole, che mai avremmo immaginato. Insieme alla socialità abbiamo dovuto mettere da parte anche la nostra libertà, uno dei beni più preziosi che possediamo, ma solo per concedere un posto d’onore alla salute, che si sta godendo questi attimi di gloria, perché è consapevole che presto dovrà lasciare spazio alla normalità. 

Anche la nostra socialità ha leggermente cambiato forma: è diventata solo un poco più moderna, ma questo non vuol dire che non torneremo ad abbracciarci, a stringerci le mani e a sorriderci di persona. Vuol dire solo che dobbiamo cambiare un po’ la nostra forma, adeguarci a questi metodi freddi e distaccati, ma senza farci l’abitudine, perché questa è e rimarrà una situazione temporanea, che durerà giusto il tempo di sconfiggere questo virus. 

Non stiamo diventando degli automi, delle macchine computazionali incapaci di relazionarsi con i propri simili, stiamo cercando di superare un’emergenza sanitaria e per farlo dobbiamo un po’ metterci comodi, senza però dimenticare la nostra umanità. 

Rimaniamo degli animali sociali, siamo sempre gli stessi, solo un pochino più tecnologici.



Foto: Matilde Mariani "Ayas, montagna, relax e compagnia"

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