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L'umano nella scatola

Apro gli occhi.


Proprio come ieri, resta tutto buio. So che è giorno solo perché uno spiraglio di luce passa attraverso quel buco che mi hanno lasciato per respirare.


Li odio. A nessuno di loro interessava di me. Mi hanno chiuso in questa scatola e lasciato qua ad aspettare che muoia.

Le mie giornate sono così vuote. Nemmeno sono giornate.


Avete mai vissuto in una scatola?


Non c'è nulla a parte le pareti infinitamente strette.

Pensate, a volte, se respiro troppo, mi sento male perché l'ossigeno è davvero poco.


Nella scatola si sta stretti e non c'è spazio per nessuno.


Non che a nessuno potrebbe interessare di entrare nella scatola. A chi interessa di me? Mi hanno chiuso nella scatola. Tutti loro. Mi ci hanno chiuso dentro. Sigillato. La scatola non si apre.


Non ho nemmeno mai provato ad aprirla, ma da quando sono dentro non mi hanno tirato fuori. Perché è sigillata. Non si apre.


Nella scatola i giorni sono grigi. Grigio chiaro o grigio scuro in base alla quantità di luce che proviene dall'esterno. Non cambia molto.

So che è notte perché non vedo più la parete a un certo punto e i miei occhi si chiudono stanchi.


Per passare il tempo guardo le venature del cartone che con l'umidità del mio respiro si stanno allargando sempre di più, come se questa prigione stesse diventando sempre più simile alla carta pesta.


Le sue mura si fanno sempre meno resistenti, stanno andando incontro ad un inevitabile, seppur lentissimo, degrado.


A volte provo ad aumentare i miei respiri così da creare più umidità, sperando che il cartone si deteriori più velocemente. Ma presto avverto che mi manca l'aria e abbandono il tentativo.


A volte provo a parlare per ricordarmi se lo so fare. Ma non so cosa dire, così smetto.


A volte canto, canticchio sottovoce, ma la mia scatola non ama essere riempita di parole. Mi viene subito mal di testa, la gola che brucia, e smetto.


Ieri però ho provato a continuare a cantare. La gola bruciava. Avevo sete. Nella scatola non si beve, non si mangia. Non serve nemmeno.


Gli occhi lacrimavano.


Uno sforzo immane.

Continavo a cantare: per la prima volta da quando stavo nella scatola, per un secondo, ho provato il desiderio di essere vivo.


Quando ho sentito che la gola bruciava davvero troppo, ho smesso.


Torno al vuoto silenzio che accompagna le mie giornate. I rumori del mondo non li sento più, la solitudine ha ovattato ogni suono, ogni vibrazione. Sono in un involucro di pensieri che continuo a tessermi attorno.


Perché mi hanno messo nella scatola? Perché nessuno mi ha mai tolto?


Ieri ho chiuso gli occhi con le lacrime che mi rigavano il volto. Piangevo come piange un bambino. Ero straziato dal dolore ma, inaspettatamente, ne ero in qualche modo sollevato. Volevo piangere, per dire a tutti che in questa scatola c'è qualcuno che ha desiderio di vivere. Sentivo qualcosa: dolore, ma per lo meno sentivo.


Sono sigillato nella scatola ma so ancora piangere.

Sono sigillato nella scatola ma ho sete, ho fame, come tutti i vivi.


Sono vivo. Sono nella scatola ma sono ancora vivo.


Tiratemi fuori vi prego.


Un grido disperato esce dalla mia bocca. Anni di letale calma distrutti da questa richiesta di aiuto.


Non mi aspetto l'arrivo di nessuno: i miei carnefici non si presenteranno certo per liberarmi, dopo avermi sigillato qua, solo perché ho chiesto aiuto.


Dal silenzio più assoluto che avevo avvertito per mesi, dei passi. Dei passi di qualcuno.


Saranno i miei sequestratori? Chi mi ha chiuso nella scatola ha deciso finalmente di liberarmi?


Delle mani delicate, senza la minima fatica aprono la scatola e, dopo anni, vedo un volto umano che dolcemente mi sorride.


- Perché ti sei rinchiuso qua?


Mi fermo a guardarla attonito: mi ci hanno messo loro. Non mi sono rinchiuso io!


- Voi mi avete sigillato nella scatola. Nessuno è mai venuto ad aprirla.


Lei improvvisamente ride, come se avessi raccontato la cosa più divertente del mondo, senza perdere la dolcezza che contraddistingue ogni suo movimento.


- La scatola è sempre stata aperta... Ti sei infilato tu. Nessuno ti ha mai chiuso dentro. Ti abbiamo cercato per anni e sei stato nella scatola tutto questo tempo.

- Sì! Sono stato qua per anni. So che era sigillata.


A questa mia esternazione, mi guarda con muto rimprovero, ma sempre dolcemente.


- Hai mai provato ad aprire la scatola?

- No, perché sapevo che era chiusa.

- La scatola l'hai fatta tu, non puoi esserti sigillato da solo!


Il mio cuore che aveva appena ripreso a battere, si ferma ma in modo nuovo: sussulta.


Non ho mai provato a uscire dalla mia prigione.


Ho sempre odiato chi mi ci aveva messo, senza sapere che io ero il mio stesso torturatore.


Vorrei tanto chiederle di abbracciarmi, so che non aspetta altro, ma il sole inizia a farsi accecante e l'imbarazzo ha la meglio.


Non sapete quanto vorrei uscire dalla scatola! Non mi sembra vero di poterlo fare! Però cosa diranno gli altri? Mi giudicheranno per essere stato così stupido da sigillarmi qua dentro? Mi accuseranno di averli abbandonati? Mi riaccoglieranno?


Mi prende un terrore che mi arriva dentro fino alle ossa. Voglio vivere, davvero, ma temo che vivere non sia più così bello come mi ricordavo.


Ho paura di essere deluso.


Così, quando lei amorevolmente mi porge la mano per aiutarmi ad uscire, senza pensarci troppo mi sdraio di nuovo nella piccola scatola.


- Vattene, oggi sono stanco, uscirò domani. Chiudi il coperchio e di' agli altri di non disturbarmi.


Incerta e tremante esegue il mio ordine.


Il coperchio si chiude lentamente, quasi a farmi gustare questi ultimi attimi da vivo.


Il rumore dei passi si fa sempre più lontano, fino a sparire.


Tutto qua dentro mi fa del male, mi uccide, mi opprime, ma almeno ho la certezza che non potrò mai soffrire più di così, non ho nulla da temere.


Il familiare grigiore che pervade il mio io, per quanto vuoto, è prevedibile, non mi potrà mai deludere.


 
 
 

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