top of page

Fare pace con il passato

di Sofia Maltempi


Sabato sera - pensate che felicità- su sollecitazioni da parte di una professoressa ho assistito a una conferenza di un festival sulla classicità. La stessa prof qualche giorno dopo ha chiesto alla classe di scrivere un riassunto di questa accompagnandolo con un nostro giudizio critico su uno dei temi affrontati: il passato. Per farla breve durante l’incontro il relatore sosteneva l’importanza della conoscenza del passato attraverso una figura ricorrente nel mondo antico: l’indovino. Quest’uomo aveva la caratteristica di saper prevedere il futuro grazie la conoscenza del passato, che appare quindi come l’unica cosa davvero importante, tanto che spesso egli era rappresentato come cieco in quanto gli occhi servono a vedere il presente e, di conseguenza, non erano necessari per la predizione dei fatti. Ciò mi ha portata a riflettere in questi giorni e sono arrivata a questa conclusione: il passato, inteso in ogni sua accezione, è fondamentale per l’uomo.


In un’accezione estesa il passato può essere inteso come storia, e credo sia alquanto importante poiché ci offre insegnamenti, modelli comportamentali da seguire o da non imitare nel nostro piccolo poiché i nostri predecessori ci rendono davvero “nani sulle spalle dei giganti”, come diceva Bernardo di Chartes. Ma, affinché ciò sia possibile, dobbiamo ricordarci che la storia è molto di più che una successione di forme politiche, eventi importanti, battaglie, guerre o grandi dinastie, è l’avventura di uomini e donne, di singoli e di gruppi che lottano, inventano, sbagliano, costruiscono forme di convivenza, di civiltà, di lavoro, di religione e di arte affinché valga la pena vivere. Per capire appieno ciò che essi ci possono svelare grazie alla loro esperienza dobbiamo quindi riconoscere in loro i nostri stessi desideri, gli stessi bisogni, la stessa vitalità perché in fondo la celebre frase di Sant’Agostino “Nihil cognoscitur nisi per amicitiam” è quanto di più vero si possa sentire.


Ma pensando anche più in piccolo il passato è significativo per noi, nonostante spesso ci capita di litigarci. In questa epoca è infatti largamente diffusa la tendenza a desiderare di avere una memoria “selettiva”, che permetta di mantenere i ricordi gioiosi e di scartare i momenti di dolore o di difficoltà. Nonostante sia più che plausibile voler evitare la sofferenza e avere una vita ricca di felicità, non capisco questo desiderio utopistico secondo il quale le esperienze, belle o brutte che siano, non sono parti integranti della nostra persona e, in quanto tali, possono essere rimossi a nostro piacimento. In fondo ogni accadimento, anche quello apparentemente più insignificante, è stato determinante per la nostra crescita e senza averlo vissuto probabilmente saremmo un pochino diversi. Inoltre, come afferma la geniale sentenza di Eschilo πάθει μάθος, attraverso il dolore si impara a conoscere, e sfiderei chiunque a dire che i momenti di felicità e spensieratezza sono più fecondi rispetto a quelli di dolore, di profonda crisi; certo questi ultimi sono meno gradevoli ma sono esperienze preziose per la crescita personale e per imparare ad apprezzare il presente e progettare il futuro. Nella scrittura, come nella vita, può capitare di commettere degli errori ortografici, di fronte a questi abbiamo fondamentalmente due scelte: potremmo vergognarcene e cercare di nasconderli coprendoli con del bianchetto, ma in fondo sarebbe inutile poiché il segno resterebbe comunque visibile, oppure potremmo guardarli senza rancore e cercare di imparare da questi per non commetterli nuovamente.


Per concludere- giuro, sono alla fine- penso che dovremmo cercare di fare pace con il nostro passato, anche perché, in quanto tale, non abbiamo alcun potere su di esso che ci permetta di cambiarlo, e di trarne degli insegnamenti per diventare persone migliori e più consapevoli in futuro.

Comments


©2020 di essenziale. Creato con Wix.com

bottom of page