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Arancione scuro al Poli

di Martino Saita

Vorrei aver qualcosa di positivo incoraggiante da dire ma non è così, ci sto male quanto te. Giusto questa settimana erano ricominciate le lezioni in presenza al Politecnico, il mio orario stabiliva solo due giorni in presenza: il lunedì e il venerdì. Dunque sono andato in università lunedì 1 marzo, ho rivisto e salutato con gioia le poche facce che ho fatto in tempo a conoscere tra settembre e la zona rossa proclamata a novembre e, sebbene abbia sempre considerato le sedie del Politecnico incredibilmente scomode, quasi paragonabili a veri e propri strumenti di tortura, mi sono reso conto che in fondo mi era mancata quella continua ricerca della posizione giusta che mi consentisse di scrivere bene ma senza dislocarmi quattro vertebre allo stesso tempo.


Ironia della sorte, ho imparato più nomi nuovi e i rispettivi volti in quel solo giorno di quanti ne avessi imparati in tutto il primo semestre. Ero contento, finalmente sembrava che potessi stringere nuovi legami, con la speranza di mantenerli per almeno un mesetto: il Politecnico sarebbe rimasto aperto in caso di zona arancione "semplice", quindi avrei potuto continuare a vivere una dignitosa routine da matricola. Ero cosciente che prima o poi saremmo tornati zona rossa, ma mai mi sarei aspettato l'arancione rafforzato imposto con effetto immediato. La notizia ha fatto ancora più male perché desideravo rivedere i compagni almeno una seconda volta venerdì 5, salutarli con un "ci vediamo quanto torniamo arancioni", ma ciò non è stato possibile.


Trovo irrealistico che mi tocchi passare tutto il secondo semestre a casa e credo che almeno tre settimane in presenza tra aprile e maggio prima o poi riuscirò a viverle, ma ciò non significa che non viva il tuo stesso tedio e la sensazione di essere stato privato di esperienze uniche e simboliche. Essendo entrambi nati a fine dicembre possiamo concordare di essere riusciti a vivere solo metà dei nostri 18 anni e ancor meno di metà del nostro anno da matricole universitarie, per non tralasciare che di sicuro non abbiamo vissuto la maturità come tutti se la rappresentano: circondati da amici a studiare insieme condividendo adrenalina e tensioni... noi la abbiamo trascorsa attraverso un monitor condividendosi i link delle chiamate su Skype.

Cosa provo a riguardo? È strano da definire.


Da un lato provo un certo disagio perché so che tra dieci anni sentirò parlare gente 1 o 2 anni più grande di me e probabilmente gente 2 o 3 anni più giovane di me che discuteranno di ricordi, sensazioni ed esperienze comuni che io non ho affrontato interamente perché faccio parte di una annata a cui é andata un po' meno bene (tuttavia va detto per correttezza che nemmeno chi si é laureato/si sta laureando col Covid ha avuto molta fortuna). Ma dall'altro lato sto studiando materie che mi piacciono, ho buoni voti e il Covid non ha colpito la mia realtà così duramente come di sicuro molti altri sono stati colpiti e sono grato per questo; penso che se si potesse parlare dell'esistenza di un "diritto di lamentarsi del Covid" probabilmente io, o non lo avrei, o non potrei goderne pienamente come altri potrebbero.


Mi trovo dunque di fronte ad una realtà deludente, consapevole di non poter fare nulla a riguardo, conscio del fatto che qualsiasi lamentela, frustrazione o preoccupazione non potranno portare nulla di concretamente positivo.

Di solito cerco sempre di proporre possibili soluzioni attive ai problemi ma in questo caso credo ci sia spazio solo per rimedi. Credo che stia ad ognuno capire a cosa far aggrappare il proprio morale e con cosa tutelare i nostri pensieri mentre si aspetta che la situazione diventi più rosea: proprio perché abbattersi non può aiutare, credo che la cosa migliore da fare sia semplicemente tenersi impegnati con qualcosa, sperando che ciò faccia passare più velocemente i giorni.


Così facendo, e con un po' di fortuna, magari ci ricorderemo questi momenti un po' meno tragicamente.

 

Ieri con la notizia della zona arancione scuro per i lombardi - e il rischio del rosso - mi sono arrabbiata, ma vi racconterò poi per bene in altra sede. Ho quindi chiesto a tutti i miei amici, e sperando di andare anche oltre, una testimonianza, un racconto, o semplicemente delle impressioni, per realizzare una rubrica che parli di noi studenti.... Questa è una delle prime risposte che ho ricevuto, ovviamente è una proposta rivolta a tutti voi che leggete, può essere un'occasione per fare "il punto della situazione" e scoprire, magari, una prospettiva più interessante per vivere le nostre cinquanta sfumature di arancio.


 
 
 

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